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sabato 7 Giu 2025

L’invasione russa dell’Ucraina ha ridefinito gli equilibri geopolitici mondiali, mettendo in discussione il ruolo dell’Occidente e il futuro dell’Unione Europea. Se da un lato l’Europa sembra voler adottare un atteggiamento sempre più aggressivo, dall’altro emergono dubbi sulla sua capacità reale di influenzare il conflitto e, soprattutto, sulla legittimità morale delle sue azioni. Negli ultimi decenni, i paesi occidentali hanno ripetutamente violato il diritto internazionale con azioni militari che, secondo molti analisti, hanno compromesso la loro autorità morale nel condannare la Russia. La NATO ha condotto operazioni discutibili, come la campagna in Serbia nel 1999 e l’intervento in Libia nel 2011, con l’obiettivo di rovesciare Gheddafi.

Parallelamente, il conflitto in Medio Oriente ha messo ulteriormente in crisi l’immagine dell’Occidente. L’operato di Israele a Gaza, sostenuto da Stati Uniti e alleati, ha generato accuse di gravi violazioni dei diritti umani. Questa situazione ha reso sempre più difficile per l’Europa e gli Stati Uniti mantenere la narrazione secondo cui le democrazie occidentali sarebbero eticamente superiori rispetto ai regimi autocratici come quelli di Russia, Cina o Corea del Nord. La guerra, storicamente, ha sempre avuto la funzione di mettere alla prova le ipotesi delle classi dirigenti sulle reali forze in campo.

Quando il conflitto in Ucraina è iniziato, molti leader europei credevano che la Russia fosse un gigante dai piedi d’argilla, incapace di sostenere un conflitto prolungato contro la potenza economica e militare dell’Occidente. La realtà, però, si è rivelata molto diversa. Secondo dati pubblicati anche da fonti occidentali, la Russia ha dimostrato una capacità produttiva militare nettamente superiore a quella dell’Europa. Mark Rutte, segretario generale della NATO, ha dichiarato che la Russia produce in tre mesi lo stesso quantitativo di munizioni che l’intera NATO realizza in un anno. Gli Stati Uniti e l’Europa, insieme, riescono a produrre circa 1,2 milioni di munizioni per l’artiglieria pesante all’anno, mentre la Russia supera i 3 milioni.

Questo squilibrio ha reso evidente che l’ipotesi iniziale dell’Europa sulla superiorità militare occidentale fosse errata. Uno degli effetti più evidenti della guerra in Ucraina è stato l’indebolimento politico dell’Unione Europea. La sua strategia è stata interamente basata sulla volontà di sconfiggere la Russia attraverso l’isolamento economico e il supporto militare all’Ucraina. Tuttavia, il mancato raggiungimento di questo obiettivo ha messo in luce la fragilità della politica estera europea. L’UE ha rifiutato di esplorare vie diplomatiche, basando la sua strategia unicamente sulla forza. Ma se una strategia si fonda sulla forza e questa si rivela insufficiente, la politica stessa ne risulta compromessa. La guerra ha reso evidente che l’Europa non ha la capacità di influenzare gli equilibri globali in modo autonomo, rendendola di fatto irrilevante agli occhi di molti attori internazionali, in particolare in Asia, Medio Oriente e Africa.

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha portato a un cambiamento radicale nella gestione del conflitto ucraino. Il neo presidente ha bloccato il sostegno a Kiev, sottolineando come la guerra sia stata finanziata fino ad ora principalmente dagli Stati Uniti e manifestando un forte scetticismo nei confronti del presidente ucraino Zelensky. Trump ha dichiarato che, se Zelensky continuerà ad ostacolare i suoi piani, l’Ucraina dovrebbe restituire gli ingenti fondi ricevuti dagli USA. Inoltre, ha affermato che la Russia non deve essere equiparata a Hitler e che è necessario sedersi il più presto possibile al tavolo delle trattative con Putin. Questo approccio rappresenta una frattura netta con la posizione attuale dell’Europa, che continua a puntare sulla prosecuzione del conflitto senza condizioni. La guerra in Ucraina ha reso evidente un dato fondamentale: l’Unione Europea non ha i mezzi per perseguire una politica autonoma di potenza.

L’umiliazione subita sui piani militare e diplomatico ha danneggiato la sua immagine a livello globale. Mentre altre potenze, come la Cina, consolidano il proprio ruolo negoziale nei conflitti internazionali, l’Europa appare sempre più marginale. Se l’UE vuole avere un futuro politico rilevante, dovrà riconsiderare il proprio approccio, abbandonando la strategia del confronto militare e riscoprendo il suo storico ruolo di mediatore diplomatico. In caso contrario, rischia di diventare un semplice spettatore nel nuovo ordine globale che sta emergendo.

Giuseppe CRISTIANO